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Storia per Dormire (1)
Zero Uno Due Tre Diecimila
E’ noto che il numero Zero, che in pratica significa ‘nulla’ e quindi a rigor di logica non sarebbe affatto un numero, sia stato introdotto abbastanza recentemente. La sua introduzione si è resa necessaria come artificio logico per poter estendere la numerazione oltre i limiti fisici, quelli delle dita delle mani per esempio. Già Fibonacci intorno all’anno 1200 riprendeva il concetto della aritmetica indiana di qualche secolo prima ribadendo che i numeri fondamentali sono quelli da 1 a 9 e che insieme al ‘simbolo’ Zero – allora chiamato Zefiro – potevano permettere la costruzione di un numero qualsivoglia grande.
Quindi quando si conta con le mani di fatto si conta da uno a nove, il decimo dito fa ‘scattare’ la decina, che viene messa da parte per ricominciare una nuova conta con le stesse dita. In pratica dieci significa: metto via Uno Zefiro (la conta di due mani) e parto daccapo. Infatti dieci si indica come ‘uno più uno zefiro’, cioè 10.
Ci sono tante altre storie sullo zero, tutte piuttosto intriganti e un po’ misteriose. Comunque, se lo zero è un oggetto misterioso, ben più misterioso e strano è il numero Uno.
A differenza dello zero, appare subito chiaro che ‘uno’ è un numero reale, intero; infatti è associabile a oggetti, persone, animali. Ma siamo sicuri che ‘uno’ ha una importanza a sé stante e significativa? Che bisogno ci sarebbe del numero ‘uno’ se non avessimo la necessità di andare ‘oltre’ l’uno? Non avremmo nessuna necessità del numero uno se non volessimo introdurre il due e via di seguito; invece di dire ‘uno’ albero potremmo dire ‘c’è’ l’albero, cioè ‘esiste’. Perché dovremmo contarlo se c’è solo quello?
Quell’albero è unico, non uno. Sembra la stessa cosa dire ‘unico’ e ‘uno’ ma è diversa: dire ‘esiste’, ‘unico’ è una constatazione della realtà percepita, dire ‘uno’ (albero) prelude invece ad una valutazione, spesso di convenienza (quanta frutta produrrò), utilizzo (quanta legna) e così via. In questo caso si accompagna spesso alla parola ‘solo’, cioè ad esempio: ‘’porca miseria, ne ho ‘solo uno’ … se ne avessi ‘due’ (o dieci, cento..) farei più frutta’’. Dire ‘uno’ in questo caso prelude già al due o più, si apre al confronto.
E’ un po’ il passaggio dall’Essere all’Avere, per usare le parole di Fromm; dalla consapevolezza dell’esistenza al pratico utilitarismo mentale. Il mondo pratico inizia con il due.
Quindi, se non avessimo bisogno del numero due potremmo tranquillamente fare a meno del numero uno.
Anche matematicamente il numero uno è piuttosto buffo: un numero che moltiplicato per qualcosa dà sempre lo stesso qualcosa, un numero che moltiplicato per sé stesso dà ancora sé stesso. Anche se viene diviso per sé stesso fa ancora sé stesso. Indistruttibile, come la Realtà. Un numero, di per sé, chiaramente inutile. Perlomeno ovvio.
Mi sembra evidente che la conta, il raggruppamento, la separazione, la valutazione, il confronto e così via, inizino con il Due.
Due è l’apparente divisione della Realtà, non solo il primo numero per la conta. Una è l’umanità ma due sono i generi, maschio e femmina. Per la creazione di quello che chiamiamo Mondo e per la possibilità di farne esperienza, è necessario il due. Anzi ‘due’ è sempre presente, sorge come concetto relativo a qualsiasi cosa o evento nello stesso istante, contemporaneamente. Il nostro mondo è duale; la dualità è onnipresente: c’è un alto e un basso, un caldo e un freddo, un lontano e un vicino, un contento e un triste, un veloce e un lento, un acido e un alcalino, un protone e un elettrone. Così per tutto.
Tutti apparenti opposti che però in realtà non esistono a sé stanti, si autodefiniscono a vicenda. Ci sarebbe un alto senza un basso o la felicità senza la tristezza? Come li definiremmo? Uno è indifferenziazione. Due è differenziazione, separazione, le basi della costruzione del Mondo, della Realtà come noi la esperiamo. Due siamo anche io e te: soggetto e oggetto, che si invertono le parti se a dire io sei tu e io divento l’altro: chiaramente una convenzione dipendente dal punto di osservazione, non esistono soggetti o oggetti in termini assoluti. Se non ci fosse mio figlio io non sarei un papà, ma lui non potrebbe dire di essere un figlio se non ci fossi stato io.
Due è quindi la base per la creazione del Mondo, vista da noi umani (alla Natura interessano questi nostri ragionamenti?). Però, da solo il due non basta. Si, perché gli aspetti opposti e duali sono statici, sono concetti; alto e basso, caldo e freddo o positivo e negativo stanno lì, fermi, da soli non fanno niente, mentre il mondo è dinamico, sempre in movimento. Per far ‘girare’ il mondo occorre il ‘tre’. Anche negli antichi testi taoisti si dice: Il Tao (principio senza forma, ndr) genera l’Uno, l’Uno il Due, il Due il Tre e il Tre genera i diecimila esseri.
Il principio della Trinità è anche ripreso da molte religioni, quella cristiana e indù ad esempio. In quella cristiana all’inizio c’era solo Dio; se c’era solo lui, c’era solo l’Uno e quindi è come se non ci fosse stato nulla: il pre-big bang. In questo stato secondo me non poteva neanche annoiarsi: tempo, spazio, noia, felicità e tutto il resto sono già aspetti che risiedono nel due, quindi c’è stato direttamente il salto al tre.
Anche nella nostra vita quotidiana facciamo uso della trinità in molte delle nostre azioni. Nella fisica tutto è tre. Nelle formule basilari e più importanti ci sono sempre tre elementi in stretta relazione tra di loro. Per esempio: spazio, tempo e movimento sono legati tra di loro e coesistono contemporaneamente.
Il Tre è quindi generalizzazione, applicazione ‘attiva’, pratica della dualità. Il due è creazione del mondo, ma con il due il mondo è ancora fermo. Il tre lo mette in movimento.
Con il Tre nasce anche il concetto di figura. Unendo tre punti nello spazio si forma un triangolo, una ‘forma’ percepibile, sebbene bidimensionale. Per una forma spaziale, tridimensionale occorre passare al Quattro, ottenuto ad esempio aggiungendo un punto fuori dal piano del triangolo; si ottiene così un tetraedro, come i cartoni del latte di una volta.
Via via, combinando questi numeri si ottengono tutti gli altri ma non è il caso di andare oltre.
Anzi, immagino che a questo punto vi siate già addormentati, un po’come succede con la conta delle pecorelle… Poco male, potete finire questa noiosa storia domani, sempre che non vi porti a riaddormentarvi un’altra volta prima che finisca…
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