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Storia per dormire (4)
Siamo un prodotto (matematico?) delle nostre esperienze.
Partiamo dal concetto di base condiviso da sociologi, psicologi, educatori, che ciascuno di noi, cioè quello che siamo, la nostra persona, è un prodotto di: educazione, esperienze piacevoli e spiacevoli, incontri, condizionamenti, scelte, eventi casuali che abbiamo fatto nel corso della nostra vita, da quando siamo nati fino al momento presente.
Non c’è molto da discutere su questa considerazione. L’altro giorno però la mia attenzione si è posata su una parola in particolare: ‘prodotto’.
In matematica ‘prodotto’ significa risultato di una operazione di moltiplicazione. Ad esempio, il numero 168 è il prodotto della moltiplicazione di 2x2x2x3x7, che può essere scritto come 23x3x7. I numeri due (preso tre volte), tre e sette non sono suddivisibili a loro volta, cioè non sono un prodotto di altri numeri più piccoli e sono quindi detti ‘numeri primi’.
Ovviamente i numeri primi più piccoli, come il due e il tre sono i più presenti nei prodotti di numeri più grandi: ogni numero pari ha infatti almeno una volta il due come fattore moltiplicativo, così come il tre è un fattore moltiplicativo per i numeri la cui somma è divisibile per tre ed il cinque per i numeri che finiscono con lo zero o col cinque.
Man mano che i numeri primi diventano più grandi diventa anche più rara la loro presenza come fattore moltiplicativo in un numero qualsivoglia.
Se associamo i numeri primi a delle esperienze, via via sempre più rare man mano che si va verso numeri primi sempre più grandi, si potrebbe dire che ciò che siamo, la nostra storia, è il prodotto di esperienze, dalle più semplici e comuni, alle quali possono essere associati numeri primi bassi: due, tre, cinque, sette fino alle esperienze più rare e complesse, con associati numeri primi molto grandi.
Per esempio, potremmo assegnare al ‘due’ l’esperienza di distinguere tra piacere fisico e dolore, tutti l’abbiamo fatta e si ripete spesso, così come il ‘tre’ potrebbe essere l’esperienza di condivisione di emozioni di affetto o odio con un’altra persona, il ‘cinque’ la paura della sopravvivenza e così via fino ad esperienze meno comuni, ad esempio per il centosettantanove e il duecentotrentasette rispettivamente la nascita di un figlio e la morte di un animale domestico.
Ovviamente, dato che accumuliamo esperienze continuamente, siamo arrivati ad essere un ‘prodotto’ di moltissimi numeri primi, cioè un numero estremamente grande, praticamente impossibile da visualizzare o da calcolare; se volessimo farlo ci dimenticheremmo sicuramente di qualche esperienza (numero primo) accaduta. Questa è la ragione per la quale non possiamo conoscere ciò che siamo, cioè il prodotto completo; la mente, la memoria, il pensiero non sono in grado di indicarcelo con completezza. Alcune esperienze addirittura avvengono a nostra insaputa, non sappiamo bene cosa siano e se incidano su di noi ma alla fine ci cambiano, entrano nel prodotto e ce ne accorgiamo spesso più in là nel tempo.
In ogni caso, anche se non completamente, ognuno di noi ha una idea di un prodotto che lo rappresenta abbastanza ragionevolmente.
Il punto è però che il numero-prodotto ai fini sociocomunicativi che io so o penso di essere è diverso da quello che tu pensi che io sia. Così come ciascuno di noi è un prodotto delle proprie esperienze personali, che conosciamo solo noi, ciò che ciascuno di noi è per l’altro dipende dal prodotto di esperienze che l’altro ha associato con la nostra persona.
Inoltre, bisogna tenere conto anche dell’esperienza indotta, per ‘sentito dire’. Per esempio, sulla base delle esperienze che tu hai fatto con me, per te io sono un prodotto di circa quattro milioni, per l’esattezza magari tremilioniottocentomilacinquecentotrentadue, che include alcuni numeri primi associati a qualità per le quali sono da te apprezzato. Se addirittura prima di incontrarmi un tuo conoscente dice che io sono l’amministratore delegato di una società manufatturiera, di colpo lo moltiplichi per novecentoventisette, che è per l’appunto il numero primo a cui è associata questa esperienza. Divento ‘un prodotto’ più grande per una esperienza indotta da una informazione esterna alla nostra comunicazione diretta, magari neppure confermata.
Se però un tizio del quale in generale ti fidi ti dice che gli ho fregato l’orologio e che ho molestato sua moglie, di colpo metti in discussione molte esperienze positive che facevano parte del mio prodotto, che a questo punto traballa tra il valore che avevi assegnato prima e uno completamente diverso (a meno che tu sia a tua volta un ladro di orologi e un molestatore di mogli altrui e in questo caso questi numeri primi entrerebbero favorevolmente nel tuo calcolo…).
Ora, come riflessione finale poniamoci la domanda: siamo davvero un prodotto quantificabile ed è davvero importante che questo numero-prodotto continui a crescere? Che vantaggio reale porta sulla qualità della vita e del mondo intero? E’ davvero importante ‘essere’ un grande prodotto?
In fondo si tratta sempre e solo di numeri, le esperienze sono valutabili solo da chi le fa e alla natura, all’universo intero non gliene frega proprio niente del nostro ‘prodotto-valore’. Il mio tanto prezioso settecentomila-trilioni-venticinquemila-ottocento-biliardi di bilioni e vari spiccioli vale quanto il tre del trifoglio.
Basta il numero Uno per Essere, in fondo non serve altro…
Buon sonno (se siete ancora svegli).
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